Alchimia

I segreti dell'opus...



Ermete Trimegisto (Re tre volte Grande) è considerato da sempre il fondatore dell’Alchimia. Vissuto nell’Antico Egitto, ha lasciato numerosi scritti (o a lui sono stati attribuiti) ed è stato avvolto da un’aurea leggendaria.
Ed è dallo studio della mummificazione egizia, che pare siano nati gli studi alchemici. I corpi, modificati alchemicamente, sarebbero rimasti inalterati a seguito della morte, scongiurando la reincarnazione, date anche le tombe chiuse “ermeticamente” (da Ermes/Ermete).
Riguardo l’etimologia, pare che la parola derivi da Al (“il” in arabo), e Kimia (“la terra del cammello”, l’Egitto), oppure dal greco “chyma” (“scioglimento-fusione”).
Esistono varie tipologie di opus, dalla ricerca della perfezione dei metalli (alchimia metallurgica) a quella dell’elisir di lunga vita (alchimia dell’elixir), così come quella della salvezza (alchimia spirituale).
La pratica è più importante del sapere. L’iniziazione avviene attraverso le letture. E l’intuizione rimane l’elemento fondamentale per la comprensione. Grazie proprio all’intuito, gli alchimisti hanno sempre tenuto in pari considerazione le colleghe donne, fra cui Cleopatra e Maria l’Ebrea. Quest’ultima è passata alla storia per studi sulla temperatura e l’immersione nell’acqua, e il metodo con cui ha ottenuto nuovi prodotti è ancora oggi chiamato “a bagno Maria.”
L’alchimia metallurgica tende a imitare la natura, riproducendo in maniera artificiale sostanze già esistenti (e questo è il motivo per cui è considerata l’antenata della chimica). La fusione riduce tutti i metalli allo stato liquido e la scoperta del mercurio, già liquido per natura, porta a considerare quest’ultimo la materia prima di tutti i metalli. Questa materia prima viene identificata come il prodotto della distillazione, processo che scompone i corpi nei quattro elementi (da qui la pretesa dell’alchimista di presentarsi come un creatore).
L’atanor è il fornello più noto. Il fuoco può essere regolato e i vasi vi sono messi direttamente a contatto. Ma è diffuso anche l’uso di immergerli nell’acqua o nella sabbia, così come di esporli al sole o alla fermentazione di sostanze organiche.
I vasi devono essere resistenti al fuoco e fondamentale è il sigillo di chiusura (“ermetico”), che lo isola dall’ambiente esterno, impedendo gli scambi materiali, ma non quelli energetici. La sostanza contenuta nel vaso si modificherà poi tramite l’azione del fuoco, dosato dall’alchimista secondo le fasi della trasmutazione, visibili grazie ai cambiamenti di colore.
Il recipiente più caratteristico dell’alchimia è l’alambicco. La sostanza da distillare va posta nella parte inferiore, a contatto col fuoco, mentre in quella superiore si condensa il distillato. In quelli per la distillazione dell’acqua ardente, il tubo d’uscita serve a convogliare la materia in un vaso di raccolta; in quelli per la circolazione, il tubo rientra nel vaso (pellicano), per permettere la ripetizione continua del processo.
L’aludel (o uovo filosofico) è invece un vaso a tronco di cono. Messi uno sopra l’altro fal più grande al più piccolo oppure su una cucurbita (vaso globulare a bocca larga), servono per la sublimazione dei metalli.
Il crogiuolo è poi un vaso conico a fondo arrotondato. Vi si pongono le sostanze da amalgamare.
“Solve e Coagula” (dissolvi e solidifica) è il principio su cui si basa tutta la simbologia alchemica. Scoperto il segreto della “Pietra Filosofale” (o principio di purificazione), tutti i metalli potrebbero essere trasmutati in oro.
I metalli sono collegati ai pianeti, quindi ogni trasformazione è favorita dagli influssi degli astri. Piombo, ferro, stagno, rame, mercurio, sono soggetti a corruzione; argento e oro sono invece incorruttibili, e l’oro sarebbe l’ultimo gradino della scala di perfezione in seguito alle trasmutazioni. Le fasi di transizione sono associate alle influenze del sole, della luna e dei cinque pianeti visibili a occhio nudo.
La prima fase è protetta da Mercurio, solvente per eccellenza. Il Mercurio (principio femminile) scioglie lo zolfo (principio maschile), dando origine al cinabro (di colore rosso, è detto sangue matriciale). Mercurio e Zolfo sono così i due protagonisti del matrimonio alchemico.
A seguito di questa fase embrionale, si incontrano tre fasi di espansione: “nigredo”, protetta da Saturno (piombo), è quella dello scioglimento apparentemente caotico; “rubedo”, protetta da Giove, (stagno), porta per temperatura i metalli al “calor rosso”; “albedo”, protetta dalla Luna (argento), arriva al massimo del calore. Le fasi di contrazione e raffreddamento sono successivamente sotto la protezione di Venere (rame), di Marte (ferro) e Sole (Oro e/o Zolfo).
Lo studio della simbologia è un altro aspetto fondamentale dell’opus, in particolare quella riferita ai quattro elementi.
Il Fuoco è rappresentato da un triangolo rivolto verso l’alto, per la proprietà di salire; l’Acqua da un Triangolo verso il basso (per la proprietà di discendere) tagliato da un segmento (per la capacità di estensione); l’Aria da un triangolo verso l’alto tagliato da un segmento, per la capacità di estensione spontanea; la Terra da un triangolo il basso, per la capacità di caduta.
Le corrispondenze sono note: Fuoco (caldo, luce, rosso); Acqua (umido, liquido, blu); Aria (secco, gas, bianco); Terra (freddo, solido, nero).
I metalli sono gli embrioni di cui il ventre della terra è gravido. La sublimazione “monda dalla terrosità”; la distillazione fa “ascendere” i vapori acquei dal vaso; la calcinazione riduce in polvere una sostanza secca attraverso il fuoco; la dissoluzione riduce le sostanze secche in liquidi; la coagulazione solidifica una sostanza liquida togliendole umidità; la fissazione solidifica le sostanze volatili; la cerazione porta a rendere molle una sostanza non in grado di fondere. Queste operazioni sono raggruppate in quattro fasi o “regimi”, corrispondenti a mutamenti nel colore: solutio (dissoluzione), ablutio (purificazione), congelatio (solidificazione), fixatio (indurimento).
La quinta sostanza (o quintessenza) in aggiunta ai quattro elementi è un’idea di cui si parla nel De caelo aristotelico. Aristotele la chiama etere. Più avanti, Giovanni da Rupescissa, identificherà l’elixir col prorotto della distillazione del vino, o acqua ardente, meglio conosciuta oggi come alcol.
L’Islam ha integrato la scienza greca con la cultura orientale, sviluppando soprattutto la “via umida” (la “secca” è quella che usa il fuoco per fondere e separare le sostanze), con la ricerca dell’elixir di lunga vita.
Gli alchimisti mistici si sono invece concentrati sulla “coincidenza oppositorum”, quella fra pensiero manifesto e occulto, simboleggiato dall’uroboro, il serpente che si morde la coda. Con queste coincidenze ed equivalenze, i mistici hanno cercato di ottenere purezza e salvezza spirituale, rappresentata anche dalle storie sulla quest del Graal.
Nonostante questa via associata alla cristianità, gli studi alchemici furono proibiti dalla Chiesa, gli alchimisti perseguitati e condannati dall’Inquisizione. Nel Basso Medioevo, tuttavia, cominciarono a interessarsi a questi studi personaggi influenti sia all’interno della nobiltà sia del clero, come Alberto Magno, Ruggero Bacone, Tommaso D’Aquino e Ramon Llull. Per non parlare degli alchimisti alla corte di Federico II, come Michele Scoto, impegnato a fornire metalli preziosi (la Curia era più interessata all’elixir di lunga vita). Nel Rinascimento, tornò poi in auge il concetto della trasmutazione in oro. Leonardo Da Vinci riteneva che le forze messe in atto dal fuoco fossero in grado di disciogliere qualsiasi sostanza e raggiungere lo stadio della materia prima. Bacone, nel De anima in arte alchemiae (attribuito ad Avicenna) ritiene possibile che l’elixir sia composto non solo da sostanze minerali, ma anche organiche. La quintessenza, il quinto elemento, di Giovanni da Rupescissa?
A dire il vero, il primo stadio dell’opus consiste nella separazione dei quattro elementi tramite il fuoco: fa salire verso l’alto del vaso prima le parti più volatili della sostanza (nell’ordine, Fuoco, Aria, Acqua) e lascia sul fondo il residuo legato alla Terra. La vera opus alchemica, però, è quella che presuppone una serie di distillazioni in un vaso sigillato ermeticamente: la materia prima, ottenuta tramite la dissoluzione dei legami della sostanza di partenza, si separa nei suoi componenti e si congiunge ripetutamente (il numero di volte è indicato da numeri simbolici in relazione alla totalità, quali 7, 10 o 100), fino alla trasmutazione, senza aggiungere né sottrarre nulla. Questo è quanto in verità viene considerato come la perfezione della quintessenza.

Suggerimento di lettura alterativa ai manuali più diffusi:
Serge Hutin - La vita quotidiana degli alchimisti nel Medioveo (BUR)


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Vedi anche L'Alchimista Innominato.

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