martedì 29 marzo 2016

I miei uomini #10: Zaccaria

"E' vivace, simpatico, sempre con la battuta pronta, prepara dei pranzetti vegetariani prelibati, per non parlare di quei dolcetti così stuzzicanti e provocanti..." - dal blog "La mia biblioteca romantica"



Care consorelle e confratelli,
dopo Bastian (il Guardiano), Damien (il maggiordomo), Theo (il giardiniere) e Nadir (l’autista), all’interno della villa di “Spettabile Demone” non poteva mancare l’addetto ai piaceri del palato. Il demone-cuoco Zaccaria, all’aspetto, non è certo da meno rispetto ai compagni, tuttavia rimane una figura secondaria, per quanto alcune sue scelte, quali la votazione iniziale che costringe Iris a intraprendere la sua avventura, dipendano direttamente da lui. Eppure, in principio, è assai accomodante... come nel corso della prima scena in cui lo incontriamo, visto da un personaggio, Damien, che lo conosce da secoli, e che conosce da secoli lui:

Zaccaria stava rimestando legumi all’interno di un pentolone e i fornelli sbuffanti rimandavano a Damien odori abituali per chi da secoli era costretto al vegetarianismo. Se ne stava a osservarlo appoggiato con i gomiti sull’isola della spaziosa cucina, paradiso di Zaccaria, le cui braccia robuste non si fermavano mai. Il grembiule bianco e il copricapo immacolati, la fossetta sul mento che si accentuava quando sorrideva fra sé.
«Allora?» proruppe Damien. «Che ne pensi?»
Zaccaria alzò le sopracciglia e, senza alzare lo sguardo dalle pentole, rispose con aria indifferente: «Io dico che se le cose stanno davvero come dici...»
«E perché non dovrebbero stare come dico?» replicò Damien, risentito.
«Stai calmo!» ribatté Zaccaria, sollevando finalmente gli occhioni grigi su di lui. «Volevo dirti che l’idea non è male. Ma non so se Bastian accetterà il fatto che hai agito di tua iniziativa senza aspettare il suo parere. In fondo, per il momento era solo una vaga idea. Forse avremmo dovuto parlarne di più fra noi. C’è anche il caso che ti chieda di cancellare la memoria delle due ragazze. E sai che odia farlo in continuazione, soprattutto quando è conseguenza di qualche sbadataggine.»
Damien sbuffò e alzò le spalle, sollevando di malavoglia i gomiti dal ripiano. «Sbadataggine...» mugugnò. «Ci ho provato volontariamente.»
Zaccaria ricacciò lo sguardo sulle pentole, alzò il coperchio di una padella e col mestolo ne saggiò il contenuto. Rilanciò a se stesso un rapido cenno d’approvazione con il capo e abbassò il fornello. «Non credo però che lei possa accettare volontariamente» proseguì, tornando a osservarlo. «E questo significherebbe agire in maniera ancora più forzata.»
«Ho provato a trascinarla verso la mia mente» confessò Damien, «ma non ho esagerato. E difatti non mi è parsa molto convinta.»
Zaccaria abbassò un altro fornello e canticchiò: «Il pranzo è quasi pronto.»
«Ma che fai?» sbottò Damien. «Non mi ascolti?»
«E perché non dovrei ascoltarti?» Zaccaria allargò le braccia, si strappò il copricapo liberando i folti ricci biondo cenere e gli rilanciò un’occhiata perplessa. «Tanto finché non ne parliamo con Bastian non possiamo decidere niente.»
«Bastian! Bastian!» sbuffò Damien. «In fondo, per contrappasso, il Guardiano avrei dovuto essere io. Sono stanco di dovermi sempre rivolgere a lui per ogni minima cosa.»
«Ti sono nel cuore, Damien.» Zaccaria lo osservò con un’espressione che stava fra l’ironico e il compassionevole, e lo innervosì. «Ma se queste ti sembrano decisioni minime...»
«Insomma, mi appoggerai sì o no?»
«Sicuro, e lo faranno anche gli altri. Bastian troverà una soluzione.»
«Certo» e l’ironia traslocò sul volto di Damien, «lui ha sempre una soluzione per tutto.»
«Damien, ma proprio tu...»
«Va’ al diavolo!» mugugnò, prendendo la via per la porta.
«Siamo già all’Inferno, compare.» Damien udì Zaccaria attraverso la porta appena sbattuta. «Apparecchia, maggiordomo dei miei stivali!»

In effetti, fra i cinque demoni, Zaccaria è il più solare, bonaccione e accomodante, però queste sono caratteristiche che permettono alla battagliera protagonista di mettergli più facilmente i piedi in testa, dal fargli comprare assorbenti al supermercato a portarlo a ideare per lei ricette apposite, nonché prenderlo continuamente in giro...

Zaccaria le sorrise dal vano della porta sfoggiando la sua adorabile fossetta sul mento. Si era tolto il grembiule da cuoco, in modo da sfoggiare anche le spalle e i pettorali attraverso la semplice t-shirt bianca. «La cena è stata di tuo gradimento?»
Iris avrebbe voluto rispondere di sì, ma anche di no, oppure che non era tenuta a rispondere affatto. Si limitò tuttavia ad alzare le sopracciglia e a osservare il cellulare che lui le stava posizionando sotto il naso. Il suo cellulare. «Sono venuto a riportarti questo.»
«Allora» proruppe lei, «posso chiamare Bruce Willis?»
Zaccaria parve non afferrare la battuta. Del resto, se Nadir non conosceva Gomez e Morticia Addams, c’era il caso che qualcuno al mondo - ma davvero? - non sapesse chi fosse Bruce Willis. Gaia ne sarebbe rimasta sconvolta.
«Chiama pure la tua amica. Potrai farlo ogni sera.» Giustappunto, chiamata col pensiero. «Nadir sta andando da lei per recuperare il resto della roba che avevi inserito nella lista. Nessuno le cancellerà la memoria, puoi tranquillizzarla in merito al trattamento, o inventarle quello che vuoi. Dille che vi rivedrete fra quindici giorni esatti, come stabilito.»
«Veramente non l’ho stabilito io.»
«Lo so» dichiarò lui, in tono sommesso. «È colpa mia. Ma ti assicuro che allo scadere dei quindici giorni sarai felice di aver vissuto quest’esperienza.»
«Tutti non fate altro che assicurarmi questo, ma il diretto interessato mi pare quello più dubbioso. Come me lo spieghi?»
«Intendi Bastian?» Zaccaria spalancò gli occhioni grigi. «Ti riceverà domani. Ha pensato che oggi fosse stata una giornata già abbastanza stressante, per te.»
«Ma quanta cortesia!» sbottò, ironica. «Sono davvero esterrefatta di fronte a cotanta gentilezza.»
«Però dovresti farlo in mia presenza» proseguì lui, indicando il cellulare. «È meglio se non le riveli quel particolare sfuggito a Theo.»
«Il particolare sfuggito a Theo?» ribatté Iris, sardonica. «Avete paura che lei vi crederebbe?» Poi alzò gli occhi al cielo, puntandosi l’indice sul mento. «Sì, in effetti lei potrebbe anche crederci.»
«Ma non pensare che noi siamo...» Il cuoco portò i palmi in avanti e corrugò la fronte. «Forse l’idea che tu hai...»
«Dei demoni?» interloquì lei, canzonatoria. «Non ne ho incontrati molti finora, non mi sono fatta un’idea precisa, a dire il vero.»

Ma sarà proprio una sua particolare ricetta a innescare il meccanismo romance che deciderà le sorti dei cinque maschietti in riferimento all’ospite... se volete scoprire quale, potete leggerlo qui.
Che la Dea vi benedica 

domenica 27 marzo 2016

La primaverile morte e resurrezione degli dèi

Cacciare la morte per evocare la rinascita della vegetazione.



Care consorelle e confratelli,
come vi ho più volte spiegato nei post all’interno della scheda Consigli magici, molte delle feste cristiane o in generale della tradizione occidentale sono state mutuate nel periodo tardo romano e alto medievale dagli antichi calendari agresti o da quelli delle religioni precedenti. Così come il Natale è correlato al solstizio d’inverno e alla nascita del sole, che fuga le ombre della notte, anche la Pasqua può essere associata all’equinozio di primavera e alla rinascita della bella stagione dopo il lungo periodo invernale, ma esistono riferimenti ben più precisi riguardanti la morte e la rinascita del dio, a partire dall’egizio Osiride, resuscitato grazie a Iside (vedi il post sulle origini della Befana). Rimanendo in Africa, molte antiche culture celebravano la morte del dio in date fisse o se il potere veniva meno, ma anche la tradizione scandinava ci narra del sacrificio dei figli di Odino, per non parlare, in questo senso, della cultura greca (Crono) ed ebraica (Abramo). Tutti questi rituali vengono associati all’uccisione dello spirito arboreo, come buon auspicio per i raccolti, così come sono da ricollegare a quelle che poi diventeranno le feste per il seppellimento del Carnevale: un cacciare la morte, per evocare l’estate, la dipartita e la rinascita della vegetazione, dalla Russia all’India, dall’Austria all’Africa orientale. La leggenda che più si avvicina a quella celebrata ancora oggi dai cristiani è però quella relativa ad Adone o Attis o Tammuz, con i cui nomi le civiltà che si affacciavano sul Mediterraneo simboleggiavano la morte e la rinascita annuale della vita vegetale. Sulle loro morti circolano numerose versioni (rintracciabili perlopiù nelle narrazioni degli autori greci), ma ciò che le accomuna è la rigenerazione dopo un periodo di digiuno, per promuovere la fertilità. Se volete approfondire le storie di queste figure mitiche, potete spulciare il celebre testo di Frazer “Il ramo d’oro”, 800 pagine enormi e fitte di curiosità antropologiche da integrare ai manuali storiografici, per confrontare le versioni delle varie culture.
Che la Dea vi benedica

martedì 22 marzo 2016

I miei uomini #9: Jeremiah

"Finalmente comprendiamo qualcosa di più di questo bello e cupo Jeremiah, che risultava quasi antipatico sullo sfondo, tutto d'un pezzo e saccente, ma che, visto da vicino, rivela tutto il suo spessore e il suo indiscutibile fascino" - Una lettrice su Amazon


Care consorelle e confratelli,
se Elias è un personaggio sulla cui evoluzione ho sudato molto e di cui sono in un certo qual senso ‘innamorata’, il ‘mio uomo’ per eccellenza, all’interno della trilogia delle Spose della notte, è il Grande Magus della Cabala, nonché presidente dell’Alto Consiglio, Jeremiah.
Perché?
Be’, perché Jeremiah è il ‘tramista’, un alter ego dello scrittore: la storia la costruisce quasi sempre lui, persino nel primo volume - Le spose della notte - quando ancora non sappiamo che esiste. Sta dietro le quinte, e decide come dipanare l’intreccio, in riferimento ad alcuni eventi che a Dunia saranno spiegati da un altro personaggio.
Anche se, di nuovo, tutto il programma che vede Dunia imprigionata con Elias nel corso del secondo volume - Luna di notte - è suo, pure lì lo vediamo poco e, non sapendo quali siano le sue reali mire, lo percepiamo affascinante (...occhi verde acqua, messi in risalto dalla pelle olivastra, li scrutavano con attenzione, e i ricci scuri e scomposti gli donavano un’aria seducente quanto il sorriso appena accennato”) ma ambiguo (“Indossava una camicia nera che lasciava intravedere un ciondolo da cui Dunia staccò subito lo sguardo, memore dell’effetto ammaliatore di quello che era solito indossare Elias”), se non crudele. Anche se, probabilmente, come abbiamo intuito per Wulfran nel primo volume, questo mago non ce la sta raccontando tutta...


Una Luna in cui avrebbe dovuto tenersi ben stretta alla barriera di protezione magica, per salvaguardarsi dall’uomo che più odiava al mondo. Nonché il più pericoloso. O, almeno, fino a quel momento aveva creduto che fosse Elias, il più pericoloso.
Fu con sorpresa, difatti, che si piantò negli occhi di Jeremiah, che la stava scrutando al di là delle sbarre. Era molto alto, ben proporzionato e apparentemente forte. Da scongiurare qualsiasi tentativo di lotta fisica con lui.
«Fottuto bastardo!» lo apostrofò non appena si riebbe dall’improvvisata. Meglio la battaglia verbale. «Sei d’accordo con Elias, vero?»
L’uomo non parve scandalizzarsi troppo per il benvenuto e si aggrappò con noncuranza alle sbarre, sorridendo divertito. «No, non sono d’accordo con lui, diciamo che lo voglio fuori.»
«Ma cosa vuoi da me?» gridò.
«Niente più di quello che già ti abbiamo chiesto» replicò.
«Ti odio!»
«E mi odierai ancora di più quando ti dirò che Sibilla e Timoteo avrebbero voluto lasciarti impunita.»
Dunia ricapitolò le informazioni e ringhiò. «Perché lo vuoi fuori?»
«Te l’ho detto. La Cabala ha bisogno dei suoi poteri. È un mago purissimo.» I denti perfetti scintillavano fra le labbra vermiglie e la leggera barba incolta lo rendeva ancora più seducente. Dunia cercò nella semioscurità il ciondolo, ma non riuscì a scorgerlo, così lo rifuggì a priori, voltandosi altrove. «Figlio di mago e di maga femmina appartenente alla Cabala. È così da generazioni. Mi, e ci, fa comodo.»
«Sì, ma io l’ho battuto.»
«Appunto.»
Gli rimandò una smorfia. «Cosa ti fa pensare che agirò a tuo favore, quando potrei restarmene tranquilla dietro la barriera?»
«È un tentativo che non potevo sprecare.»
«Figlio di puttana!»
«No. Purissimo anch’io.»
Non sembrava offeso, e Dunia se ne dispiacque.
«Me ne infischio della vostra purezza.»
«Perfetto.»
«E non contare su di me.»
«Vedremo.»
Jeremiah scoppiò a ridere, dondolandosi alle sbarre. «Io dico che Elias è entrato da solo nella caverna per esasperazione.» Poi si acquietò. «Vedi dunque di esasperarlo fino a farlo gettare nel burrone.»


Ovviamente in questa sede non vi svelerò le intenzioni del mago, anche perché nel terzo volume - La fine della notte - acquista un’importanza e una visibilità ben maggiore rispetto ai precedenti, tanto da guadagnare diversi paragrafi dal suo punto di vista, rubando la scena agli altri protagonisti. Tutto, come al solito, dipende da lui, o forse stavolta no...


Quel che è certo, è che Jeremiah non è né il classico cattivo, né il classico eroe (o antieroe), perché è cinico, opportunista, prepotente, imbroglione, egoista, e chi più ne ha più ne metta, ma sa anche essere benevolo e talvolta addirittura fragile, lucido e intelligente, nel farsi in quattro per le persone che ama. Non è un ‘lui’ della situazione, anche perché ha relazioni superficiali con umane che cambia di volta in volta a seconda dell’umore e, nonostante l’harem, di donne non capisce un accidente, e spesso si ritrova a dire o a fare - perché scarso nel confronto e nel dialogo - cose che appaiono tanto ingenue da risultare ridicole, come pretendere un cesareo per fingere che un concepimento sia avvenuto prima, o dimostrarsi affabile per una cena a due e chiamare poi al telefono un amico per tenere compagnia alla commensale perché lui non sa che dire; per non parlare di quando sentenzia “No, ora no” a una donna con le doglie solo perché gli sta scombinando i piani della giornata. Abituato al comando, nella sua testa neanche si rende conto di quanto possa rasentare la strafottenza, di fronte a chi in realtà non sarebbe nemmeno un suo sottoposto...


«Io non voglio diventare Grande Madre dell’area del Consiglio, e nemmeno Titania. Non mi va di vivere in quel palazzo, e sai bene quanto mi farebbe soffrire. Poi non siamo sicure che qualcuno voglia farci del male qui.» La resistenza di Dunia appariva dettata solo dall’orgoglio e dal nervosismo. «Io volevo solo che tu lo sapessi per poter avere una spalla su cui appoggiarmi.»
«Se vuoi allora ti aiuto a fare i bagagli.» Le sorrise, forzato, slacciandosi il colletto della camicia e snudando il ciondolo. «Basta che tu fili dritta lì.» E lanciò un braccio all’indietro, in direzione del velivolo.

Difetti da collegare al ‘forse stavolta no’ di cui sopra, senza rivelarvi altro, ma che di conseguenza neanche riescono a farcelo odiare del tutto. Anche perché ha un passato molto oscuro, fatto di tanti eventi negativi indipendenti dalla sua volontà, e risvolti positivi da lui invece messi in atto, che lo salvano ai nostri occhi.
Che la Dea lo benedica

domenica 20 marzo 2016

Equinozio di primavera

20 marzo: ben arrivata Primavera!


Care consorelle e confratelli,
festeggiamo oggi l'equinozio di primavera, per quanto nell'antichità le celebrazioni per l'arrivo della nuova stagione si protraessero dal 20 al 21. In effetti, ancora oggi le date sono variabili, e il momento esatto in cui il giorno e la notte si equivalgono in termini di luce può cadere in un giorno o in un altro.
Quest'anno l'equinozio cade il giorno 20, e succederà per tutto il secolo, dunque l'anticipo forzato a causa dell'anno bisestile c'entra ben poco.
Su un piano magico, è parimenti il tempo dell'equilibrio, e a esso è dedicato il Grande Sabba di Primavera, Ostara, una festa che gioisce per il rinnovarsi della vita, e pertanto legata in tutte le culture a divinità d'Amore quali Venere o Freya. Il consiglio è dunque quello di indossare qualcosa di verde, sia per richiamare la vegetazione lussureggiante, sia per riferirsi al pianeta corrispondente alla Dea dell'Amore.
La pianta del calendario Ogham dedicata a questo giorno è la ginestra (Onn), associata per il colore al potere spirituale dell'oro, quintessenza naturale.
Che Venere vi benedica

venerdì 18 marzo 2016

Il giorno dell'ontano

Si avvicina la primavera...


Care consorelle e confratelli,
nel calendario celtico degli alberi, il giorno di oggi, 18 marzo, è dedicato all'ontano ("Fearn", nell'alfabeto Ogham) e questo mese stregonico proseguirà fino al 14 aprile. In questo magico periodo, cade dunque l'equinozio di primavera (nell’antica Grecia, l'ontano era personificato da Foroneo, a cui era appunto dedicato l’equinozio): il sole scalda la terra (in Irlanda si crede che possa incendiarsi la casa di chi abbatte un ontano), la libera dall'acqua, e il legno di questa pianta, impermeabile, è un simbolo dell'avvicinarsi alla fecondità dei raccolti.
I rami caduti possono essere usati come talismani per rafforzare rapporti di lavoro e sentimentali, ma anche per forgiare bacchette, in un giorno di sole... e al sole potrete comandare di riempire le vostre giornate.
Che la Dea vi benedica

martedì 15 marzo 2016

I miei uomini #8: Nadir

"Tra i cinque è il più rilassante, grazie alla meditazione riesce a tenere sempre un ferreo equilibrio che impone anche agli altri al bisogno. Compresa Iris" - dal blog "La mia biblioteca romantica”


Care consorelle e confratelli,
in questi mesi ho ricevuto diversi messaggi per alcuni “miei uomini” quali Damien, Elias, Wulfran, Fulke, Bastian, TheoBulkruth, Jeremiah... ma, secondo me, i personaggi maschili sovrannaturali appaiono alle lettrici affascinanti giustappunto perché sono fantasy, e sono convinta che se uno come Damien (tanto per fare un esempio) saltasse sul terrazzo di qualche signora o signorina che lo ha apprezzato, scatterebbe all’istante la telefonata alla polizia. Per cui ve lo confesso una volta per tutte: l’unico mio personaggio maschile di cui mi fiderei nella vita reale è l’autista di “Spettabile Demone”: Nadir. E... insomma... non sarebbe poi così male...

Stava giusto rovistando in borsa alla ricerca dell’accendino, quando il rombo di un motore la distolse.
Non si intendeva di macchine, ma quel coso nero dai vetri oscurati che stava accostando al marciapiede doveva valere una fortuna. E, se Gaia fosse stata lì, avrebbe sicuramente scorto qualche boss hollywoodiano all’interno dell’abitacolo.
Invece l’auto si fermò, e dalla parte del guidatore ne uscì un altro coso ancora più hollywoodiano.
La divisa impeccabile, nonostante il caldo, non nascondeva il corpo plasmato secondo tutti i crismi ellenici. Ciò che più colpiva però era il volto: un singolare incrocio di tratti nordici e indiani. Tutto in lui sfumava verso lo scuro, ma era come se emanasse una sorta di luce che, sotto il sole a picco della tarda mattinata, si faceva gemma nel sorriso e nel luccichio dello sguardo. «Iris?» domandò con voce profonda ma pacata.
Iris riuscì solo ad annuire. Qualcosa in quell’uomo le infondeva calma e serenità, così come Damien la metteva in agitazione.
Lui accennò un mezzo inchino col capo e le aprì la portiera, invitandola a entrare con il palmo. «Prego.»
Se tutte le paure erano svanite perché pure quello era una sorta di ipnotizzatore, doveva certo trovarsi a un livello più elevato di Damien, giacché, prima di sedersi, Iris riuscì pure ad abbozzare un sorriso.
Lo osservò con la coda dell’occhio mentre tornava al suo posto e le suggeriva di allacciarsi le cinture di sicurezza. «Perdona se non ti faccio salire dietro, ma mi è stato detto che...» Lo sguardo di ossidiana si bloccò per un istante nel suo. «Posso darti del tu? Io sono Nadir.» Le tese una mano, che Iris strinse senza troppa convinzione.
«Ti è stato detto che?»
Lo vide sorridere, mentre rimetteva in moto e partiva. «Ti senti a tuo agio?»
«No» rispose, sicura come non mai. «Per niente.»
«Fai un bel respiro.»
«Il training autogeno alla guida non mi pare una bella idea.»
«Perfetto.» Il sorriso divenne smagliante. Il tono della voce sempre mite. «L’umorismo è un’ottima arma per combattere lo stress.»
Iris osservò il profilo perfetto, le labbra carnose e le ciglia interminabili. Straniante che le venisse da chiedere: «Sei una specie di guru?»
«No» rispose lui, inespressivo, effettuando una curva. «Sono un autista.»

“Ma va’?” gli risponde Iris. Tuttavia, non si è allontanata troppo dalla realtà (tralasciando per un attimo il fatto che si tratta di un demone...) perché, per quanto inizialmente lei stenti a credere a quanto i cinque abitanti della villa le rivelano, il metodo utilizzato da Nadir per mantenere sotto controllo la sua reale natura è proprio una sorta di meditazione orientale spruzzata di magia.

Nadir se ne stava inginocchiato di profilo su una stuoia, le mani giunte sotto il mento reclinato, le lunghe ciglia nere abbassate, il corpo statuario e abbronzato ricoperto solo da un sottile pareo color porpora. E porpora era anche tutto l’ambiente circostante, rischiarato dalle candele dislocate per l’intera stanza fra lumi e candelabri. Le persiane erano serrate, le tende dello stesso colore dei drappi e del pareo, bordate d’oro, impedivano l’intrusione di ogni altra fonte di luce.
La figura di Nadir, circondata da soffici cuscini crema e oro, appariva scolpita nel marmo, tanto era immobile.
Poi i muscoli delle spalle guizzarono nell’ombra e le mani si abbassarono lentamente per poggiarsi simmetriche sulle cosce piegate. Il volto sempre assorto. Un lungo respiro a segnarne il movimento del ventre.
Iris non avrebbe voluto disturbarlo, ma le labbra si dischiusero, così come gli occhi, e l’ascetico profilo si voltò verso di lei, accennando un sorriso.
«Ti stavo aspettando» le disse.
«Chissà perché lo avevo intuito...»
Lui allungò una mano davanti a sé e la invitò a sedersi.
L’odore dell’incenso era forte, ma non le dava fastidio, e Iris si accoccolò sui cuscini di fronte a Nadir, ammettendo che l’invito di Blackdeeman non era poi così malvagio.
«Io non ho intenzione di smettere di fumare» sbottò, accucciata sui talloni. «E non so se lo yoga...»
«Niente pratiche umane oggi» replicò lui, deciso ma sommesso.
Per quanto Iris facesse fatica ad accettare i racconti di Sebastian, in effetti, nell’immagine di Nadir di umano in quel momento c’era ben poco.
I grandi occhi neri brillavano nella semi oscurità e le sue parole apparivano ovattate, così come sfuocati i colori: «Adesso rilassati e chiudi gli occhi.»
Iris non era del tutto convinta che chiudere gli occhi mentre si trovava insieme a una di quelle persone sarebbe stata una buona idea, ma le venne spontaneo farlo, quando Nadir le poggiò il mignolo in mezzo alla fonte. «Tutti e tre, gli occhi» aggiunse, pacato.
Sentì che col pollice le stava chiudendo la narice sinistra, poi la invitò a respirare con la destra, cercando di visualizzare un colore caldo come il rosso. Ripeté l’operazione con l’altra narice, facendole visualizzare un colore fresco e azzurro. Fresco e azzurro che, nella sua mente, spiccarono sullo sfondo dei colori rossi e dorati dell’arredamento che avvertiva vivo intorno a sé, attirando la sua attenzione verso il rilassamento che gli instillarono nelle membra.
Il tutto si ripeté più volte, in maniera sempre più lenta e intensa, sempre più profonda, sempre più... rilassante. Iris cominciò a sentirsi ottenebrata, il flusso d’aria la stava ventilando, e tutto quanto stava fuori dalla portata del suo corpo e dagli occhi chiusi le appariva irreale e distante, molto più dell’insolita sensazione che stava provando in quel momento.
Non c’era niente di erotico nel tocco di Nadir, niente di terreno, e Iris si lasciò trascinare in una dimensione in cui le risultò difficile udire ancora le sue parole: «Adesso apri gli occhi, lentamente.»
Con il pollice di Nadir ancora sulla narice sinistra, Iris sollevò lievemente le ciglia e scorse una sottile striscia di fumo rosso fuoriuscire dal suo stesso naso. Ma era talmente stordita che non ne fu spaventata, e poi non era davvero sicura che tutto quello che stava vedendo stesse accadendo sul serio. Così, quando Nadir spostò il pollice sull’altra narice e un nastro azzurrino andò a sostituirsi a quello rosso, Iris lottò contro la fronte che voleva corrugarsi e mantenne i muscoli del viso rilassati.
Le candide perle che Nadir snudò sorridendo la lasciarono confusa, e le dita di lui si allontanarono solo dopo una leggera carezza sotto il mento. «Come ti senti?»
«Benissimo» ammise. «Ma...» E allungò le mani verso il punto in cui fino a poco prima scorrevano le strisce colorate. «Chi vi ha insegnato a fare tutti questi giochi di prestigio?»
«Al nostro stadio originario potremmo fare anche di più.»
«Anche tu reggi il gioco di Sebastian?»
Lui scosse il capo. «Tu in realtà lo sai già» ribatté, sereno. «Già ci credi.»
No, non voleva. Non era possibile.
«E scommetto che sai anche levitare» insisté lei, sardonica.
«Ci vogliono diversi minuti di preparazione» mormorò lui, dondolandosi. «Ma si può fare.»
«Fatela finita...» borbottò lei, rialzandosi. «Mi avete stufato con le vostre leggende demoniache.» Poi velocizzò di nuovo i movimenti e si diresse verso la porta.
«Non stavi meglio prima?» la frenò Nadir, indicandole con una leggera mossa del palmo i cuscini su cui si era inginocchiata.
Sì, certo, ma solo finché lui non le aveva fatto credere di essere in grado di levitare!

Questo espediente sarà in grado di fargli meritare la redenzione? Riuscirà ad aiutare anche Iris e i compagni attraverso queste pratiche? Potrete scoprirlo solo qui.
Che la Dea vi benedica

martedì 8 marzo 2016

La detronizzazione della Dea

8 marzo: alcune riflessioni sulla misoginia delle religioni patriarcali.



Con l’ascesa delle religioni monoteiste, si assiste a una spaccatura tra maschile e femminile, spirituale e materiale, divino e terreno. Gli uomini acquistano potere a discapito della Grande Madre che aveva dominato fino ad allora in quanto creatrice per natura e, per compensazione, diventano sovrani e conquistatori, cominciando anche a ricoprire ruoli occupati in precedenza dalle donne: sacerdoti, veggenti, poeti e medici. La femminilità non è più vista come una caratteristica naturale, equilibrante, tranquillizzante, ma come uno spauracchio.
Da Israele ad Atene, l’ideologia patriarcale si fonda sull’inferiorità della donna, che ora può essere repressa e disprezzata giacché colpevole del peccato originale, oppure sfruttata come una proprietà, uno strumento di piacere (per Allah). Jahwe è unico artefice della creazione, non è associato ad alcun principio femminile, perché è in grado di infondere la vita con il solo utilizzo della parola. Dio bandisce le sacerdotesse e sarà servito solo da uomini. Già in Esiodo leggiamo che Zeus ha inviato agli uomini la donna come uno “splendido male” o una “trappola”, ma sono certo gli autori della Genesi ad aver ribaltato drasticamente il culto della Grande Madre, trasformando il frutto della Dea dell’Amore in quello mortale di Eva, e il serpente simbolo di terra e di vita dalla preistoria a Creta nell’emblema del demonio. Eva, al pari dell’uomo mal riuscito di Aristotele o di Atena che esce dalla testa di Zeus, è solo una costola del maschio, umiliata sin dalla nascita, rea più di Adamo, che cade nel peccato solo a causa sua. Sant’Agostino stesso dirà che Adamo non sarebbe stato sedotto dal peccato, se non fosse stato per Eva, ma già San Paolo aveva sottolineato le deficienze della donna: “La donna ascolti l’istruzione in silenzio con piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare e di dettare legge all’uomo, ma se ne stia in silenzio. Non fu Adamo a venire sedotto e a introdurre la trasgressione” (Prima lettera a Timoteo. 2, 11-14). Anche riformatori moderni come Giovanni Calvino (1509-154) hanno ribadito il concetto: “Rientra quindi nell’ordine naturale che la donna sia l’aiutante dell’uomo.” In tempi recenti si è poi cercato di fornire interpretazioni più femministe e meno sessiste appigliandosi ad alcuni passaggi oscuri della Bibbia, ma lo stesso Vangelo vede nel rapporto fra Gesù e la Madre (spogliata del ruolo divino, invece che della verginità) una continua negazione dell’importanza del ruolo femminile (Donna, che ho a che fare io con te?” Gv, 2, 4; “Chi è mia madre?” Mt, 12, 46) e i pregiudizi sono troppi per non confermare l’impronta patriarcale della triade “Padre, Figlio e Spirito Santo.” Allo stesso modo, nel buddismo e nell’induismo, seppur non ascrivibili al monoteismo, la donna è diventata “strumento di passione” che impedisce l’uscita dal Samsara. La celtica Ceridwen, detentrice del paiolo dell’abbondanza, si è tramutata per i conquistatori cristiani nella strega nera che rimescola nel calderone tutti i suoi spaventosi elementi. Il Grande Femminino è ora oscuro e malvagio.
Qualcosa di diverso succede per i popoli germanici che non sono ancora stati raggiunti da questa Nuova Religione. Norne e Valchirie hanno in mano il destino, le donne combattono in battaglia accanto agli uomini e sono ancora viste come ‘guaritrici.’ La Chiesa però finì col bandire le sagge quali streghe, e persino la Grande Madre Universale Berta dovette soccombere alla cristianizzazione, diventando vecchia, brutta e cattiva. Le successive cacce sono state poi solo il metodo utilizzato da questo sistema per rimuovere il problema delle ‘guaritrici’ che spaventavano anche per il loro dispensare metodi contraccettivi, mentre alla società facevano comodo più servi della gleba possibili... e avere più servi ignoranti e sottomessi possibili è tutt'oggi, ahimè, il motivo per cui i sistemi religiosi e politici ancora trasmettono concetti ridicoli su inferiorità e diseguaglianza.

Buon 8 marzo!

Consigli di lettura: Franz Baumer, "La Grande Madre - Scenari da un mondo mitico", (ECIG).

lunedì 7 marzo 2016

I miei uomini #7: Bastian

"Ho incontrato Sebastian e dovevo capire perché era così come si presentava. Volevo anche scoprire cosa si celava dietro il comportamento dei cinque demoni e il motivo per cui tutti ubbidivano al loro guardiano" - dal blog "Sil-ently aloud”


Care consorelle e confratelli,
con la giornata di oggi, voglio tornare sui personaggi di “Spettabile Demone” e - dopo l’amato Damien, nonché il controverso Theo - presentarvi il vero e proprio protagonista maschile di questo romanzo. Ve lo faccio direttamente incontrare, così come lo incontra Iris alla villa dove è stata portata per il colloquio di lavoro che potrebbe cambiarle la vita. Chi sarà mai questo misterioso grande capo, circondato da collaboratori bellissimi, che le ha proposto un lavoro di due settimane (inerente la scrittura) da tre milioni di euro attraverso un rocker gotico piovuto da un tetto? Un malavitoso? Un anziano omosessuale malato di Parkinson che vuole dettare le sue memorie? Uno squilibrato qualunque?

I capelli neri erano scompigliati e gli occhiali da sole ricoprivano in parte un volto giovane e regolare. Nonostante il caldo afoso, indossava un’elegantissima giacca nera di taglio e stoffa sopraffini. Ma una rapida occhiata più in basso le rivelò dei jeans attillati strappati sulle ginocchia e conficcati in un paio di anfibi slacciati. Un curioso ibrido di tutti gli altri. «Ho fatto un salto in città con l’altra macchina, Nadir» borbottò. «C’è poca benzina.» Chiuse la porta senza degnarli di un’occhiata e poggiò una busta di plastica su un mobile alla sua destra.
Poi, parve finalmente accorgersi di loro. Di lei.
Si tolse gli occhiali scoprendo due fanaloni verdi e la squadrò da capo a piedi perplesso, attardandosi anche troppo. Ma non c’era niente di compiaciuto nel suo sguardo, tutto il contrario: stizza. Lei non gli piaceva di sicuro. Poi le sventolò una mano contro, senza coinvolgerla direttamente. «Sarebbe questa?» Nessuno rispose e Iris si sentì un animale pronto per il macello, senza avere il coraggio di ribattere al suono del dimostrativo che le era parso assai denigratorio. Dalla stizza, lo sguardo passò alla furia, quando si posò su Damien. «Sei un incosciente!» Sbuffò e scaraventò gli occhiali di fianco alla busta.
«Stai calmo.» Nadir.
Il tipo esalò un profondo respiro, con i fanaloni verdi fissi sulla busta di plastica, poi li rivolse di nuovo a lei e le si fece incontro tendendole una mano. L’espressione non avrebbe potuto essere più neutrale. «Sebastian Blackdeeman.»
Ecco. Come Al Capone non era molto credibile, e nemmeno come vecchietto bavoso. Trenta, trentacinque anni al massimo.
«Iris.» E ne ricevette la stretta salda.
Niente morbo di Parkinson.
Non era né alto né ben piazzato come gli altri, e i tratti del volto parevano quelli di un ragazzino dispettoso e indisponente.
«Ti va un aperitivo?» le chiese con il calore di un iceberg, ancora la mano nella sua.
«Qualcosa di molto forte» rispose lei, cercando di trattenere una smorfia.
«Niente alcolici qui.»
Pure.
Iris si voltò per cercare di notare qualcosa di strano sui volti degli altri che già non avesse notato, ma senza successo. Poi decise di fermarsi su Damien. «Ci fumiamo una sigaretta?»
«Lui non fuma.» Sebastian le scrollò la mano. «Qui non si fuma.»
«Come no?» Vide che Nadir le stava lanciando uno sguardo terrorizzato scuotendo impercettibilmente il capo, ma non la frenò. Che andassero tutti al diavolo! Sarebbe stato divertente smascherarlo. «A meno che non si sia rivenduto il pacchetto che mi ha rubato, ma non credo ne abbia bisogno...»
Quando Sebastian le lasciò la mano dirigendosi verso Damien, le parve di perdere l’equilibrio. «Non ti sembra di averci dannato l’anima abbastanza?» Il grido disumano di Blackdeeman fece tintinnare del vasellame.
Forse sta esagerando.
Niente fumo, niente alcol, niente carne, niente bava, niente Parkinson, niente Capone...
Nel silenzio degli altri, Sebastian tornò verso di lei dondolandosi un po’ e facendo roteare un palmo, scandendo in tono mellifluo e sarcastico: «Un succo di frutta?»
Restava solo il “gay.”
«No, grazie, preferisco andarmene.» E si lanciò sulla porta, agguantando la maniglia.

Iris scoprirà a poco a poco le ragioni per cui questi presunti demoni benefattori si comportano in una determinata maniera, così come a poco a poco si convincerà della loro reale natura, scrivendo per loro una lettera di redenzione al Capo dei Demoni Bianchi. Altrettanto gradualmente, percepirà queste forzature come una sorta di sfida alla seduzione, e proprio l’algido Guardiano Sebastian si guadagnerà un posto speciale nel suo cuore. Ascoltiamo un po’ di queste ragioni proprio dalla voce del demone:

«Le specifiche per la redenzione prevedono moderazione in tutto: vegetarianismo, niente fumo o alcol, vita salutare, linguaggio morigerato...» Oh Signore, aveva di nuovo iniziato a parlare come un’enciclopedia! «Da quanto tempo non fai sesso?»
Cosa?
Iris lo guardò incredula, mentre lui giungeva le mani e si sporgeva sulla scrivania leggermente in avanti. Ci mancava solo che le facesse il segno della croce e la chiamasse “figliola.”
«Perché me lo chiedi?» Aveva tutto il diritto di tacere. Come poteva, uno come lui, non vergognarsi di averle fatto una domanda simile? Lei sì, che se ne vergognava. E al tempo stesso continuava ad aver pure voglia di ridere. Più per l’imperturbabilità con cui lui le aveva posto la domanda che per la domanda in se stessa.
Lui strinse le labbra e la invitò a proseguire con un cenno del capo, la fronte corrugata. «Tu intanto rispondi.»
La stizza la fece buttare. Se da quello dipendeva la rivelazione di una sconcertante verità, avrebbe proprio voluto sentirla. «Un annetto...» Anche di più… «Non mi piacciono le cose fatte tanto per fare.»
Blackdeeman non parve scomporsi e, candidamente, confessò: «Noi, trecento.»
Iris deglutì una catasta di risate e piegò il mento sul petto, prima di rispondere: «Ovviamente tutto questo fa parte del programma di redenzione, vero?»
«Ovviamente.»
«Perché l’astensione da qualsiasi passione vi farà ricrescere le ali, atrofizzando altro.» E sbuffò un pezzetto di risata. «Damien però non mi è parso particolarmente atrofizzato.»
«Io non ci trovo niente da ridere» proseguì lui, serissimo.
«Lo credo bene.» Poi scosse il capo, tentando di trattenere il riso. «Ascolta Sebastian, vorresti davvero farmi credere che, mentre la notte sono tranquillamente distesa nel mio letto senza la chiave nella toppa, sotto lo stesso tetto si aggirano cinque uomini nudi che non scopano da trecento anni?»
«Di me non ti devi certo preoccupare!» sbottò lui, portando avanti i palmi. «Ti ho detto da chi devi guardarti.»
«Oh, ma senti!» replicò, sarcastica. «E se invece volessi immolarmi a Damien che, poverino, fra i cinque mi pare il più insoddisfatto?» Lui le puntò un dito contro, ma non gli diede tempo per ribattere. «E non dirmi che non dobbiamo farlo sotto il tuo tetto, perché non posso uscire di qui, e allo scadere dell’incarico» sorrise, ironica, «lui ti seguirà in un’altra dimensione lontanissima.» E mise un finto broncio. «Che amore sfortunato...»
«Cerca di capire che qualsiasi infrazione al programma potrebbe rendere vano ogni nostro sforzo» esclamò lui, indicando la lettera. «Tu non conosci tutta la nostra storia, non sai perché mi preoccupo, non sai perché...»
«Allora dimmelo!»
«E non interrompermi!» gridò.
«Sebastian» sussurrò, pacifica. «Ti consiglio una seduta con Nadir.»
Lui si strinse fra il pollice e l’indice la radice del naso ed esalò un lungo respiro. «Allora?» mormorò, tornando con gli occhi nei suoi. «Vuoi andartene?»
«Detta!» replicò lei, brusca, afferrando la piuma.

Ovviamente non vi rivelerò se la lettera di richiesta di redenzione raggiungerà i destinatari e con quali esiti, anche perché la risposta è qui, ma di sicuro tutto questo ghiaccio almeno un po’ dovrà sciogliersi...
Che la Dea vi benedica