martedì 9 febbraio 2016

I miei uomini #3: Damien

"La lettura è originale, narrata in modo coinvolgente ed emozionante, la storia pur sembrando in apparenza eccentrica è senza eccessi sia per la trama che per i personaggi non scontati e senza stereotipi tanto che se ne vorrebbe sapere di più sui secondari e ci si affeziona a tal punto da voler chiedere quasi un seguito anche se il libro è conclusivo." - dal blog "Storie di notti senza luna"


Care consorelle e confratelli,
mi arrendo: dopo aver iniziato la carrellata dei “miei uomini” con due personaggi della serie Le spose della notte, Elias e Wulfran, lascio oggi spazio a un secondario del precedente autoconclusivo Spettabile Demone (leggi qui la quarta di copertina), che pare abbia lasciato qualche segno. Da giugno, continuo a ricevere diversi messaggi in cui mi si chiede se scriverò in futuro un libro in cui farò tornare questo demone fuori di testa, ma avevo ideato il romanzo come autoconclusivo, dunque un’ipotesi del genere non era in conto. Anche perché non immaginavo che questo libriccino avrebbe avuto successo, né tanto meno che le lettrici si sarebbero affezionate a un antagonista ‘caduto’, un dannato, che per essere condannato nella sua dimensione deve averla combinata veramente grossa; è un demone metallaro, pieno di piercing, tatuaggi, beve, fuma, dice parolacce, si masturba pensando di insidiare le donne in ogni modo, e per certi versi è pure un po’… fatemelo dire: coglioncello. Ecco, non è un eroe romance tradizionale. Insomma, non faccio spoiler, ma questo è un vero e proprio delinquente, pericoloso, però è figo, e simpatico, e voi mi avete fatta sentire diseducativa, anche se non era nelle mie intenzioni, dato che l’ho pensato come ‘spalla’ e non come primario. Eccolo nel momento in cui piove dal tetto sul terrazzo della protagonista per ingaggiarla:


Era alto più o meno due metri e ben piazzato, seppur asciutto. Non avrebbe impiegato molto a metterle fuori gioco entrambe.
Indossava un paio di pantaloni di pelle e una t-shirt nera slabbrata. E neri erano anche i lunghi capelli lisci, che si sfoltivano sul lato sinistro per una rasatura su cui era stampato un tatuaggio. Iris cercò di scorgere le linee del rapace raffigurate dal disegno, l’orecchio cosparso di piercing, una campanella d’oro alla narice, altri tatuaggi sparsi sulle braccia, pelle d’avorio e iridi di pece.
Non parlava. Sembrava lui quello in attesa di una reazione. Perché? Una forza ignota spingeva Iris a rimanere lì, a cercare di capire, ad ascoltare cosa avesse da dirle con quello sguardo di tenebra. Se non fosse stato per la situazione, si sarebbe attardata a pensare che lui fosse bellissimo, in maniera arcana e indecifrabile, con quel sorriso appena accennato. Pareva sicuro di sé. Meglio continuare a tenere la porta chiusa.
«Guarda che questo se vuole sfonda il vetro con una carezza» sembrò leggerla nel pensiero Gaia.
«Ho un lavoro per te» esclamò lo sconosciuto guardando Iris fissa negli occhi.
Lei si sentì pervadere da uno strano torpore. C’era qualcosa che non andava in tutto quello. Non credeva affatto a gitani che ipnotizzavano la gente per derubarla. Se in quel momento si sentiva debole, era certo a causa delle ginocchia che tremavano e dello stomaco in cui svolazzava un esercito di animaletti irrequieti.
«E che lavoro sarebbe?» gli rimandò tuttavia.
«Un lavoro per cui potresti guadagnare...» replicò lui, «duecentomila euro al giorno per quindici giorni.»
Duecento per quindici... Tre milioni di euro in due settimane?
«Questo è pazzo!» bofonchiò Gaia, riaggrappandosi ancora alla sua mano serrata sulla maniglia. «Vieni via!»
«Solo scrivendo.» La nuova precisazione dello sconosciuto la sbalordì. Certo, aveva ascoltato tutto, quindi poteva trattarsi di un buon metodo per irretirla, ma sembrava che in quanto a persuasione non gli mancassero altre doti. Che Iris stava tentando in tutti i modi di cacciare dalla mente. Di qualsiasi cosa si fosse trattato, forse non era così energica come aveva avvertito in un primo momento. Poteva farcela. «Gaia, non senti qualcosa di strano?»
«Iris! Tutto è molto strano se continuiamo a stare qui ad ascoltarlo!» gridò l’altra, sconcertata.
«Il mio capo è una persona molto seria» riprese l’altro. «Ti assicuro che avrai tutti i soldi.»
«Se vuole gli faccio pubblicare un annuncio sul giornale» replicò Iris. Si sentiva quasi divertita. Come pensava che potesse credergli? «Oppure potrebbe rivolgersi alle agenzie interinali.»
«Non è così semplice» rispose lui.

«Chi l’avrebbe mai detto?» replicò lei. «Strano che non accalappiate i creduloni col telefono, è più comodo del free climbing».

Avrei dovuto sospettare che le lettrici avrebbero scambiato il suo presentarsi per primo come la dichiarazione di essere il protagonista; così come il suo mostrarsi spesso sensuale ma inoffensivo al tempo stesso indice di un qualche sviluppo. Ma Damien ‘finisce’ lì dove si vede, nel senso che è esattamente quanto mostra, e prova quello che dice, a differenza di altri personaggi di questo romanzo. Dunque è molto difficile che una creatura in balia solo di stimoli corporali possa assumere il ruolo di 'lui.' Damien ha slanci passionali, desideri fisici, non ha la natura dell’uomo che si innamora. Certo, seppur a livello metaforico all’interno di un fantasy, Damien introduce temi complessi come la relatività della giustizia e la pena di morte, ma se proviamo empatia per la sua condizione è soprattutto perché la canaglia s’ingegna di tutto pur di farcela provare.


E puntuali i rumori arrivarono, flebili e impercettibili; non sarebbe stata in grado di udirli se non fosse stata sveglia e concentrata su di essi, ma erano lì.
Dopo circa un quarto d’ora, come sempre, si arrestarono.
Da un lato si sentiva spinta a rintanarsi in camera e a non curiosare troppo, dall’altro un impulso più forte le fece aprire la porta e sbirciare nel corridoio.
Sulla destra, dove la volta scorsa aveva visto Theo, non c’era anima viva.
Le scalette. Sulla sinistra.
Si voltò di scatto e il cuore le balzò in gola.
Impalato e lugubre in fondo al corridoio, appena sotto la scala che conduceva sul tetto, c’era Damien.
Nudo, come Theo, ma non le dava le spalle, e la guardava senza pudore, duramente, più che beffardo.
La distanza non le impedì di scorgere il lampo gelido negli occhi neri e la perfezione delle forme. I tatuaggi scuri disseminati sulla pelle diafana. Sembrava un vero demone appena caduto dal cielo.
Damien abbassò il mento e prese a camminare, lento, mentre Iris si richiudeva la porta alle spalle, ricordando che la mancanza di chiavi non l’avrebbe difesa.
Ma da cosa?
Sentì un tonfo dietro la porta. Un palmo che sbatteva. Niente campanello. Niente maniglia che girava. Niente di niente, da Damien. E avrebbe voluto gridare per lo spavento, chiedergli al contempo se fosse tutto a posto, ma ogni cosa le appariva irreale, mentre i secondi scorrevano nell’attesa di un cenno - minaccioso o rassicurante che fosse - dall’esterno.
«Buonanotte, baby.» Il sussurro ovattato dalla porta la fece sussultare.
Buonanotte?
Rimase a lungo a fissare la maniglia, mentre nessun passo, nessun rumore, l’avvertiva di un allontanamento o meno di Damien.
Attese ancora, poi si fece coraggio, e aprì uno spiraglio.
Non c’era più.
Nessuno.
Il corridoio era deserto.
Si era divertito a scappare.
E lei avrebbe voluto rincorrerlo per capire chi diavolo fosse, cosa avesse combinato e come mai il sole gli avesse bruciato le ali.

Perché, nel precipitare della notte, accoccolandosi sul materasso, i racconti di Sebastian le parvero meno inverosimili, mentre su uno sfondo immaginario e lontano, Bruce Dickinson continuava a cantare di un folle dallo sguardo rilucente che volava come un’aquila. In alto, come il sole.

Tuttavia, come ho scritto più volte nel rassicurare le lettrici, il mio mondo è costruito in modo e maniera che, se un personaggio di un mio romanzo dovesse spuntare all’interno di un altro, si potrebbe fare. Difatti ho annunciato poco fa in questo post che lo vedremo di nuovo in uno spin off di Le spose della notte, ed è facile intuire come e perché leggendo il finale della trilogia, La fine della notte. Ci vorranno dei mesi prima che questo avvenga, ma in qualche modo pure lui avrà la sua redenzione.
Che la Dea lo benedica

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