venerdì 27 febbraio 2015

Artù, Dux Bellorum

Come studiare le radici storiche di uno dei personaggi fantasy più amati.


Care consorelle streghe e confratelli stregoni che avete amato i fantasy romantici tratti da leggende, oggi vorrei parlarvi di un personaggio che scommetto vi affascina da sempre.
Sul celebre Re Artù sono stati scritti numerosissimi saggi e romanzi, ma siamo sicuri che il condottiero menzionato negli antichi testi sia stato davvero questo fiabesco guerriero?
I romanzi di Chrétien de Troyes, per esempio, sono utili più che altro per la filologia romanza, nel senso che sono stati scritti nel XII° secolo, e le abitudini descritte non ritraggono i guerrieri bretoni del V°, bensì quelli cortesi del tempo in cui sono stati ideati... diciamo che il Lancillotto di Chrétien somiglia più a un crociato o a un templare che ai dux bellorum realmente vissuti all’epoca interessata. Stesso discorso per la “Vulgata”, che è stata scritta addirittura tra il 1215 e il 1235. Chi è rimasto affascinato dal film “Excalibur” di John Boorman, dovrebbe leggere poi “Le Morte Darthur” di Sir Thomas Malory, scritto addirittura nel XV° sec. Niente a che fare dunque col nostro originale.
Sono gli Annales Cambriae (cronache gallesi del 950) la prima fonte che nomina Artù come il generale che sconfisse i sassoni e i pitti pagani.
Trattano in particolare della morte in combattimento con Mordret. Il testo più antico pervenutoci sarebbe a dire il vero il Gododdin di Aneirin (testo gallese in versi del VII° sec.), ma non è certo se il riferimento ad Artù sia un’interpolazione.
Qualcosa di realistico è rintracciabile nel libro di Taliesin; gli antichi poemi gallesi raccolti nel 1275 contengono probabilmente alcune opere del vero Taliesin, vissuto nel VI° secolo, a cui si è ispirata Marion  Zimmer Bradley per il personaggio di Kevin in “Le nebbie di Avalon.”
Segnalerei anche “Celtica” di Luigi Balocchi e “In viaggio con Re Artù” di Fabio Giovannini e Marco Zatterin (Il Minotauro): si presenta come una guida turistica, ma fornisce interessanti indicazioni sui luoghi e le storie a essi collegate.
Per quanto riguarda gli estratti dalle cronache, sono paradossalmente rintracciabili in un libro per ragazzi che cita persino i nomi gallesi dei registri. Si intitola “I guerrieri di Re Artù” ed è scritto da John Mattheus e Bob Stewart (Fratelli Melita). Verosimile ed evocativo, riporta le leggende gallesi originali alle quali si sono rifatti in seguito gli altri cantori.
Più impegnative sono “La profezia di Merlino” e le opere di Goffredo di Monmouth, ma la Historia Regum Britanniae (1136 ca) contiene il primo resoconto completo della storia di Artù. Qui viene identificato con il condottiero (“dux bellorum”) bretone che sconfisse i sassoni a Badon.
Guglielmo di Malmesbury (storico normanno nato intorno al 1090) scrisse la De gestis regum Anglorum e una storia di Glastonbury (De antiquitate Glastoniensis ecclesiae), luogo attuale dove sembra sia sorto il regno. Pare ormai appurata la tesi per cui la famigerata isola di Avalon non era altro che la collina del Tor circondata da paludi e nebbia: per un fenomeno ottico, sembrava un’isola (sta di fatto che il nome locale era Inis Witrin: l’Isola di vetro). Glastonbury, del resto, come spiega l’etimologia, è sorto come un villaggio di palafitte, dunque potrebbe essere una spiegazione all’appellativo di “Pometo”, se visto come insieme di tronchi.
Avalon sarebbe stato quindi la collina del Tor, un sistema a terrazze dalle funzioni non troppo diverse da quelle del prossimo Stonehenge. La collina viene spesso chiamata Camalat, o ci si riferisce al “conflitto di Camlann” per menzionare il luogo dove morirono Artù e Mordred. Secondo altre teorie, Camelot sarebbe stata invece la fortezza di Cadbury Hill. Abbiamo in definitiva un villaggio di palafitte costruite dagli antichi pagani su un terreno umido e paludoso. E fango e falsità la cultura cristiana occidentale ha gettato sul periodo, trasformando druidi e sacerdotesse in maghi e streghe cattive colpevoli di malie e incesti che, anche se ammessi, sono parte di una cultura ‘altra.’
Artù sarebbe stato educato dal generale di origini romane Ambrosio Aureliano (fratello di Uther Pendragon?), figura tanto affascinante da essere trasmutata nei secoli in quella di un misterioso mago (Merlino). Quel che è certo è che dal 485 al 496, in dodici battaglie, Artù si guadagnò una reputazione di guerriero invincibile, e nel ‘96, sotto il comando supremo di Ambrosio e guidati sul campo dal condottiero Artù, i bretoni sconfissero i sassoni all’assedio di Mount Badon.
Dal 496 al 550, l’avanzata sassone venne fermata, e seguì un periodo di pace; ma i capi corrotti, i tumulti civili, l’apatia e la memoria pubblica corta, favorirono l’erosione della cultura romano-bretone, rendendola pronta all’abbattimento finale sassone (nelle opere di Nennio e Gilda è facile trovare riferimenti a queste battaglie).
La cappella di Glastonbury fu poi retta da un chierico cristiano che diventerà San Patrizio; accompagnato dai suoi discepoli, passerà alla storia per le sue “visioni” e verrà spesso collocato, nella fiction, nel regno di Artù.
Ed è appunto qui che è stata ritrovata una tomba fittizia (perché datata posteriormente) attribuita al nostro personaggio. La croce è fissata sotto una pietra, su cui sta scritto:

HIC IACET SEPULTUS INCLITUS
REX ARTURIUS
IN INSULA AVALONIA

Finale cinico e triste, che non ci piace per niente. Anche perché la vera magia risiede nel fatto che la leggenda ha comunque sconfitto il trascorrere del tempo, e trovo più carino lasciarci con un paio di testi di tutt’altro tono: “La magia dei celti” (Xenia), agile compendio della sacralità druidica, e “Il segreto dei druidi” (Piemme), in cui lo studioso Peter Beresford Ellis ne riscatta i depositari della tradizione.
Che la Dea vi benedica
Anonima Strega


Originariamente comparso su ildiariodellafenice.tumblr.com

sabato 14 febbraio 2015

Pietre d'amore

Gli amuleti che favoriscono le relazioni per la Festa dell'Amore.


I collaboratori Lluch e Llys fanno la guardia al mio grosso quarzo rosa.

Care consorelle e cari confratelli,
nel giorno della Festa dell’Amore, vorrei suggerirvi alcune pietre e minerali che potrebbero risultarvi utili quali amuleti per propiziarlo.
La pietra che rappresenta per antonomasia l’amore puro e la fedeltà è il diamante, ma per molte streghe e stregoni è un po’ troppo preziosa, per cui vediamo di recuperare qualcosa di accessibile a tutti, come il quarzo rosa, pietra dura dell’amore per eccellenza. Stimola la dolcezza, la tenerezza, la bellezza, l’amor proprio e quello nei confronti del prossimo. Come tutte le pietre di questo colore, anche la rodonite e la rodocrosite vengono usate in campo magico per l’amore. La prima è utile per recuperare energia fisica, soprattutto dopo sconvolgimenti emotivi; la seconda libera dai blocchi e lascia il posto a una visione più rosea della vita. È reperibile soprattutto in America Latina, dove viene chiamata Rosa degli Incas. Anche la tormalina rosa (o rossa) porta via i dolori delle esperienze passate e disgrega i blocchi emotivi. Apporta gioia e serenità, stimola la vitalità e rafforza lo spirito di iniziativa. Quella policroma (o tricolore, o ‘anguria’), esplica un’azione sublimante dell’energia sessuale, che può essere trasformata in amore universale. L’ametista ha invece il potere di aiutare coloro che sono stati abbandonati, assorbendo il senso di solitudine. Molto diffusa e presente in varie colorazioni, l’agata (perlopiù rossa) veniva usata dalle donne a partire dal Medioevo, che se ne adornavano per propiziarsi la buona fortuna in amore e per alleviare i dolori del ciclo.
Le streghe e gli stregoni che possono permettersi gemme preziose, hanno a disposizione anche il topazio rosa, molto raro e pregiato (“topazio” deriva dal sanscrito “tapas” e lo conoscerete sicuramente nell’usuale versione gialla), che favorisce lo sblocco dei sentimenti e dona chiarezza in amore. Per non parlare dello zaffiro arancione, detto anche gemma dell’amore.
Tralasciando i colori legati al rosa e al rosso, la lattiginosa adularia libera dai blocchi interiori e favorisce il controllo dei sentimenti, per cui in campo magico viene usata in tutti i rituali lunari che propiziano serenità in amore. Anche la magnetite viene utilizzata nelle pratiche d’amore. Serve come afrodisiaco, ma usata in pezzetti, nei sacchetti delle fatture o negli unguenti.
Non minerale, bensì resina, l’ambra ha per tradizione il potere di esaltare il fascino, la bellezza e l’amore. Nell’antico Oriente, si regalava alle giovani coppie come auspicio di lunga durata del legame, favoriva l’attività sessuale e le gioie dell’alcova. Prodotta dalla secrezione di particolari conchiglie, anche la perla non è una vera e propria pietra. Legata all’elemento acqua, alla Luna e alla Grande Madre, ha la proprietà di attrarre serenità in amore. Nei rituali atti a richiamare l’amore e la felicità coniugale, viene utilizzata addirittura la madreperla, soprattutto in forma di bottoni. Chi ama la Grande Madre, però, di solito è animalista, e le perle hanno tante sostitute.
I legami con Venere attribuiscono particolare importanza anche ad alcune pietre di colore verde, come il prezioso smeraldo, la cui storia risale al 4.000 a. C. Si narra che il sacro Graal fosse stato ricavato da questa gemma, che si staccò dalla fronte di Lucifero al momento della sua caduta. Secondo la cultura esoterica occidentale, lo smeraldo ha acquisito in seguito il potere di favorire le relazioni amorose. In Cina, alla giada vennero attribuiti poteri soprannaturali fin dai tempi remoti ed era usata per favorire l’amore e la fertilità. Le streghe utilizzavano il crisolito per i loro rituali legati all’amore, in particolare per trovare quello desiderato, così come il diaspro verde, o il dioptasio, capace di sanare le ferite interiori, soprattutto quelle d’amore. Aiuta coloro che hanno deciso di non innamorarsi più a risvegliare i sentimenti repressi, fa loro percepire il vero amore cancellando il dolore; trasforma le energie negative in saggezza, aprendo il cuore a un amore consapevole e disinteressato.
Per finire, non possiamo fare a meno di nominare un paio di metalli che da sempre vengono associati all’amore: l’argento e il rame. Il primo, metallo della Luna, riflette e respinge le energie negative, ma al contempo attrae quelle positive, come appunto l’amore. Il secondo, già nel IV millennio a. C., veniva lavorato per finalità artistiche in Egitto e Mesopotamia, dove era associato alla Dea Ishtar (Venere). In magia è considerato un metallo propiziatore di amore e viene spesso indossato sotto forma di bracciale.
Tanti nomi e colori possono confondere chi si avvicina a queste pratiche, ma le bancarelle delle expo sono solite suddividere le pietre per nomenclatura e spesso forniscono bigliettini che ricordano le proprietà della gemma prescelta, così come il manuale “I segreti della stregoneria” di Jean de Blanchefort (già consigliato nel precedente post) o i volumi “Cristallopoli” e “Cristallopoli II” dell’esperto Marco Dini Sin.
Buona ricerca, quindi, e che la Dea vi benedica!
Anonima Strega

Originariamente comparso su ildiariodellafenice.tumblr.com
PER APPROFONDIMENTI vedi la scheda Mineralogia magica